martedì 27 febbraio 2024

IL MIO RAGU': come e perché.

 


Il ragù è una salsa che nella sua semplicità sposa il sapore deciso della carne alla delicatezza delle verdure e durante una cottura a fuoco dolce, lentamente sono estratte e concentrate le loro essenze.

Ingredienti per il ragù sono: la carne rosolata, la base aromatica di verdure per il soffritto, il concentrato di pomodoro e ossa con midollo ricche di cartilagine per la cottura, del rosmarino per la finitura e ovviamente olio extra vergine e sale.

Un pezzo di carne con le caratteristiche giuste per questa preparazione è la corona: ricca di tessuto connettivo, grasso e una fibra molto saporita; è un taglio che si trova nel collo del vitello adulo, adatto a lunghe cotture.



 La carne va macinata abbastanza grossa e rosolata separatamente dal soffritto di verdure, in una padella con dell’olio caldo. Deve essere ben fredda onde evitare la perdita eccessiva di liquidi, infatti, all’aumentare della temperatura le cellule di cui è composta si rompono perdendo il loro contenuto di liquido che inevitabilmente va sprecato. Questa fase della rosolatura è fondamentale per generare la reazione di Maillard, una crosticina bruna sulla parte esterna del macinato, che una volta insieme al soffritto e agli altri ingredienti nella pentola, si scioglie donando gusto aroma e sapore al ragù. È importante girare meno possibile la carne e lasciare che si formi questa crosticina sulla parte a contatto con l’olio caldo, mescolando troppo si potrebbe sminuzzare il macinato trasformando in seguito il ragù in una poltiglia di carne.

Le verdure: sedano, carote e cipolle; tagliate in piccoli cubetti sono messe nella pentola e mescolate molto bene con l’olio, utile a non farle attaccare al fondo e a distribuire omogeneamente il calore durante la preparazione del soffritto. In una prima fase si può usare anche il coperchio così da poter sfruttare sotto forma di vapore l’acqua contenuta nelle verdure per una cottura più uniforme. Dopo alcuni minuti al soffritto si aggiungono le ossa. Il midollo contenuto e le cartilagini di cui sono ricoperte contribuiscono al sapore e alla capacità della salsa di legarsi alla pasta, perché ricche di sostanze emulsionanti. Non esagerare con il midollo perché potrebbe appesantire la preparazione dato il suo alto contenuto di grasso con un inteso sapore.

Unire la carne rosolata nella pentola del soffritto. I succhi fuoriusciti dalla carne che si sono attaccati al fondo della padella andranno deglassati aggiungendo acqua e il concentrato di pomodoro che ha potere di sciogliere con estrema facilità le sostanze fissate al fondo. Altro importante funzione del concentrato è di avere capacità addensante e di stabilizzante di emulsioni che rende  più facile al ragù di legarsi e insaporire la pasta. Deglassato il fondo della rosolatura, versare il liquido ottenuto nella pentola dove già si trovano la carne, il soffritto e le ossa; aggiungere dell’acqua, lasciando parte della carne scoperta, salare, mescolare delicatamente e lasciare cuocere per circa 2/3 ore a fuoco moderato. Attenzione a non farlo cuocere troppo. Durante questo tempo di cottura l’acqua evapora, e il ragù si concentra nei sapori, trasformandosi in una salsa corposa.

Terminata la cottura, si fa raffreddare più velocemente possibile e si conserva in frigorifero.

 Ultimo accorgimento, come per il brodo è di lasciarlo almeno un giorno in frigorifero. Durante questa fase di riposo gli ingredienti si stabilizzano facendo maturare il ragù nel sapore e nella consistenza.

Si passa poi alla fase della finitura: cuocere la pasta, unire al ragù nella padella, spolverare con un pizzico di parmigiano che contribuisce a esaltare il sapore del ragù. Solo in fine mettere il rosmarino che dona un tocco aromatico al piatto; aggiungerlo durante la cottura del ragù sarebbe perfettamente inutile perché con la lunga cottura perderebbe freschezza e aromaticità. In fine saltare tutto e mangiare.

giovedì 18 gennaio 2024

IL BRODO: limpido saporito buono.

 

 


 Per ottenere un brodo di carne limpido come l’acqua occorre osservare alcune semplici regole imposte dalla composizione chimica degli ingredienti.

Occorreranno la carne e una base aromatica data da verdure, spezie ed erbe. La carne è importante che sia ricca di fibra, ma non meno rilevante sono il tessuto connettivo e il grasso. La fibra muscolare e il grasso donano sapore, mentre il collagene contenuto nel tessuto connettivo contribuisce a dare corpo al brodo; le verdure, quali il sedano, le carote e la cipolla ed eventuali spezie ed erbe aromatiche, ad esempio pepe in grani e foglie di alloro, donano al brodo un sapore rotondo e fresco.

Prima di tutto l’acqua, per ottenere un brodo chiaro è importante che sia fredda e la proporzione è di due tre volte il peso della carne. La sua funzione è di estrarre le sostanze contenute nella carne che danno sapore. L’estrazione di queste molecole aromatiche deve avvenire lentamente e a una temperatura che sale gradualmente e il brodo non deve mai raggiungere il pieno bollore per evitare la perdita di limpidezza.

Salendo la temperatura dell’acqua fa si che alcune proteine comincino a denaturarsi, poi a coagularsi e fuoriuscendo dalla carne, una parte si adagerà sul fondo e le pareti della pentola e le altre si uniranno formando una schiuma biancastra in superficie.

Queste impurità che affiorano e si compattano, in questa prima fase della preparazione del brodo vanno schiumate di tanto in tanto, fino a rendere pulita la superficie.

  Una vota raggiunta la temperatura giusta è fondamentale non farlo bollire vivacemente, perché le proteine fuoriuscite dalla carne contengono sostanze che gli permettono di formare un’emulsione stabile con le molecole di grasso affiorate in superficie e il composto che si forma rende  torbido il brodo in maniere irreversibile.

Sulla pentola non va usato il coperchio: questo rallenta eccessivamente la concentrazione del brodo, inoltre rende più difficoltoso togliere la schiuma superficiale perché meno compatta a causa della scarsa evaporazione.

Veniamo adesso agli altri ingredienti che occorrono per la preparazione di un brodo di carne: le verdure, le erbe aromatiche e spezie. Il sedano e le carote si lavano e tagliano in pezzi grossolani tenendo conto che più si taglia in pezzi piccoli, maggiore e più veloce è il rilascio di sostanze aromatiche. La cipolla non si sbuccia, si lava, si taglia a metà e poi si fa bruciare la superficie bianca del taglio, sopra a una piastra o una padella antiaderente posta sul fuoco. La buccia e la bruciatura donano al brodo un inteso colore ambrato in più la bruciatura conferisce una nota leggermente amarognola. In  un secondo momento si aggiungono le foglie di alloro e il pepe in grani. Le verdure, le erbe aromatiche e le spezie sono molto delicate ed è inutile aggiungerle insieme alla carne all’inizio della preparazione, tutto questo tempo di cottura azzera il loro apporto aromatico, quindi si aggiungono quando il brodo ha superato la metà del tempo di cottura. 

Per il sale bisogna fare molta attenzione perché sia la carne sia le verdure cuocendo rilasciano sostanze che danno sapidità al brodo. Di sale se ne può aggiungere il 30% della quantità che si mette normalmente, poi quando è quasi pronto, si assaggia e si aggiusta.

Ogni tanto durante la cottura va ripulita la parte superiore dalle varie impurità che vengono a galla. Comunque dopo un paio d’ore di cottura non ci sono tante impurità, affiora solo il grasso sciolto, fuoriuscito dalla carne. Il grasso si può togliere agevolmente dalla superficie una volta che il brodo ò stato filtrato e raffreddato.

Infine si filtra utilizzando un panno fino, si fa raffreddare più velocemente possibile e si conserva in frigorifero.

 Ultimo accorgimento una volta che si filtra è di lasciarlo almeno un giorno in frigorifero, in questo modo si matura e assume un sapore rotondo e una consistenza corposa, quindi è sempre meglio preparare il brodo almeno un giorno prima del suo utilizzo.

Oltre ad attingere alla mia preziosa esperienza, per scrivere questo post, ho consultato i seguenti testi:

- Il cibo e la cucina di Harold McGee, Ricca editore

- La scienza della carne di Dario Bressanini, Gribaudo editore.

domenica 3 gennaio 2021

Io cuoco

 



La coerenza al servizio della ragione.

 Il mestiere del cuoco non è semplice da esercitare ed è quotidianamente travisato: si pensa che debba stare costantemente sul palcoscenico; fingendo di non sapere che il suo posto è dietro le quinte del ristorante: nella cucina. Stare sempre sotto i riflettori potrebbe far piacere, ma ritengo che sia importante svolgere questo mestiere in tutta serenità, a debita distanza dalle luci della ribalta.

 Nel tempo il mio approccio al cucinare si è mutato e tante convinzioni che avevo in passato, oggi non le ho più. Il modo di lavorare era dettato dal fatto che molto spesso in cucina i metodi di lavoro sono tramandati e si esegue una ricetta in modo automatico come un automa senza chiedersi perché e cosa avviene facendo una determinata operazione: l’importante è che il piatto sia buono; certamente se una ricetta funziona il risultato dopo anni che è eseguita, è garantito. Oggi rispetto al passato sento che qualcosa è cambiato in me e non mi basta più, essere un esecutore di ricette, ma voglio capire quello che sto facendo per avere i mezzi e le conoscenze appropriate per cambiare e migliorare, attraverso la mia esperienza, la”cucina”.

 La mia idea di cuoco è di essere una a persona semplice, capace di avere un approccio scientifico al mio lavoro così da comprendere quello che sto facendo e di essere pronto a rimettere in discussione le mie conoscenze qualora ci siano delle ragioni logiche in nuovi modi di lavorare. Solo la passione che da tanti è decantata non basta a far la differenza tra una persona che cucina ed essere un cuoco. La passione è come la benzina di un’auto: è la stessa per tutti motori, ma cambiano di molto i risultati se utilizzata in un motore con elevate prestazioni tecniche o in quello di un’utilitaria.

 

 

 

mercoledì 20 novembre 2019

LA CARNE: il grasso è piacere.





LA CARNE: il grasso non morde.

Quando si parla e si scrive di grasso animale, il pensiero va sempre alle conseguenze negative per la salute derivanti dal suo consumo. Difficilmente si fa riferimento a quelle che sono le qualità positive del grasso che rendono un pezzo di carne cucinato: tenero, saporito, succulento.  Negli ultimi decenni si sono valorizzate le carni di animali giovani naturalmente magre che sono pallide, insipide e che si asciugano più rapidamente in cottura.

Il grasso ha la funzione d’isolante, di riserva energetica e di protezione; si trova sotto pelle, tra fibre muscolari e tessuto connettivo dei vari muscoli e intorno ad organi come i reni (chiamati comunemente rognoni).

Il grasso è una fonte concentrata di energia che è bruciata grazie all’ossigeno per far funzionare l’organismo e in particolar modo i muscoli. E’ costituito da materiale di deposito, per questo al suo interno possono finire tutte quelle sostanze liposolubili che l’animale introduce con l’alimentazione. Un’alimentazione con erbaggi dona un grasso ricco di sapori, quindi una carne gustosa, specialmente in animali come ovini, caprini e bovini.  Nel  rumen, una parte dello stomaco di questi animali detti ruminante, ci sono dei microorganismi che grazie a un processo fermentativo convertono alcune essenze dei foraggi in sostanze chimiche chiamate terpeni, identiche a quelle che si possono trovare in alcune piante o spezie e tutti questi composti si accumulano nel grasso donando alla carne aromi particolari. Animali adulti hanno un sapore più pronunciato e definito rispetto a quelli più giovani, perché con l’alimentazione, il grasso ha assorbito una quantità rilevante di sostanze odorose, inoltre la sua quantità sarà maggiore, perché una volta finita la crescita muscolare dell’animale, il grasso si comincerà ad accumulate nella  carne in maniera considerevole.

Il grasso è un sapore a tutti gli effetti, e può essere aggiunto a pieno titolo alla lista dei gusti fondamentali: dolce, salato, amaro, acido e umani. Da studi recenti sono stati trovati dei ricettori specifici sulla nostra lingua che riconoscono la sua molecola, comunicando questa percezione al cervello. Inoltre la salivazione è stimolata dalle sue cellule dandone una sensazione liscia, piacevole e persistente nella cavità orale.

Il grasso infiltrato tra le fibre che si può notare come delle chiazze bianche nella massa di carne, comunemente chiamato “marezzatura”, ha importanti funzioni nella carne durante la cottura: garantire tenerezza, perché depositandosi tra le fibre e il tessuto connettivo ne va a indebolire la struttura; dare sapore perché contiene e rilascia molte sostanze aromatiche; lasciare la carne succulenta dopo la cottura perché il calore lo scioglie tra le fibre muscolari rendendola saporita e ben lubrificata durante la masticazione.

Esiste anche una questione di fisica che rende il grasso, un ottimo elemento miglioratore durante la cottura della carne. Infatti, rispetto alle fibre muscolari ha una conducibilità termica inferiore che rende possibile al calore di distribuirsi lentamente e uniformemente così da non far evaporare velocemente l’acqua contenuta nel tessuto muscolare, evitando che si asciughi troppo, come normalmente accade per pezzi di carne molto magra dove le fibre lasciano passare velocemente il calore con il risultato di rimanere troppo secche se cucinate per tempi lunghi. Si può ovviare in parte a questo inconveniente aggiungendo del grasso alla carne, utilizzando due tecniche: la bardatura che consiste nel ricoprire il pezzo di carne con delle sottili fette di lardo e la lardellatura che consiste nell’inserire delle striscioline di lardo con uno speciale ago nel del pezzo di carne.

In conclusione il grasso è importante e perché sia un elemento di qualità, esistono alcune condizioni che concorrono a far buona la carne dell’animale: la razza, l’attività e il nutrimento avuto in vita, l’età, le condizioni durante la macellazione, la maturazione (frollatura), le condizioni di conservazione. In tutto questo il fattore umano è fondamentale, ci deve essere una collaborazione tra tutte quelle figure professionali operanti nel mondo della carne: l’agricoltore, l’allevatore, il veterinario e il macellaio, che cooperando ci danno un prodotto sano, genuino, buono.
Sicuramente mangiando carne di qualità e senza eccedere nella quantità si potranno avere solo benefici dal suo grasso.


martedì 1 ottobre 2019

VERDURE: COLORI IN PENTOLA





Mangiare verdura fa bene e se si presenta di un bel colore, dopo la cottura, è un vero piacere. Non sempre si riesce a mantenere un tono vivido, a volte ci si ritrova con una colorazione indesiderata. Tra le cause troviamo:
-       Equilibrio acido/alcalino
-       Temperatura
-       Tempo di cottura.
E’ tutta una questione di chimica e la conoscenza di alcune nozioni ci aiuta a capire cosa avviene e come poter trovare una soluzione.
Nel caso delle verdure verdi la causa è la fragile stabilita della clorofilla durante la cottura a determinare la sua trasformazione cromatica. In questa fase le cellule che ne costituiscono la struttura chimica sono danneggiate e riversano il loro contenuto di sostanze acide nell’acqua. In queste condizioni di acidità la clorofilla subisce una trasformazione: l’atomo di magnesio che si trova al centro della sua molecola è spostato e al suo posto subentra un atomo d’idrogeno causando un mutamento del colore. Anche la temperatura influenza il cambiamento del colore, perché tra i 60/70° si attivano enzimi che danneggiano la struttura provocando un’alterazione della colorazione, questi enzimi si riescono a inibire a temperature vicine ai 100°.
Importante sarà creare un ambiente di cottura con ph leggermente alcalino in modo che la struttura chimica della clorofilla non muti. Si potrà ottenere cuocendo le verdure aggiungendo un po’ di bicarbonato ma questo sistema ha degli svantaggi che provocano dei problemi legati alla consistenza, al sapore e ai valori nutrizionali delle verdure stesse. La Soluzione che va bene per entrambe le situazioni è di cuocere la verdura in abbondante acqua bollente, in questo modo: nel primo caso l’acidità sarebbe diluita, quindi resa innocua e nel secondo caso l’azione enzimatica non si attiverebbe, poiché quando si butta la verdura nell’acqua bollente, la temperatura non scenderebbe al disotto dei 70° e gli enzimi sarebbero subito inibiti. Ovviamente anche un tempo di cottura prolungato fa si che si favoriscano le condizioni per un cambiamento di colore.
Le verdure non sono solo verdi e quello che vale per la clorofilla non va bene per altre sostanze come le antocianine che danno il colore rosso-viola, caratteristico del cavolo rosso. Questi pigmenti hanno un equilibrio molto instabile a contatto con il calore, infatti, la loro colorazione può passare dal rosso al viola fino al blu secondo il rapporto acido/ alcalino all’interno della pentola. Un ph tendente all’acido lasca intatto il colore iniziale e man mano che passa da neutro ad alcalino, il colore cambia da viola a blu. Quindi un ambiente acido favorirà il mantenimento del colore originario di questi pigmenti, contrariamente a quello che accade alla clorofilla verde.
 Altri tipi di pigmenti sono costituiti dai carotenoidi, che danno colori come giallo, arancione e rosso, tipici di carote, peperoni, pomodori. Questi colori sono stabili in cottura, e scarsamente solubili in acqua, diversamente dalle verdure contenenti clorofilla o antocianine.
Ogni verdura secondo il tipo di pigmento di cui è costituita ha un rapporto diverso con l’acqua e il fuoco: la clorofilla imbruttisce il suo aspetto, le antocianine mutano come un caleidoscopio rosso/ viola/ blu, i carotenoidi rimangono stabili.
Sarà grazie alle conoscenze acquisite unite all’esperienza che ogni cuoco riuscirà a domare i colori nella pentola e rendere piacevole mangiare un piatto di verdure.


domenica 14 aprile 2019

SCOBY: lieviti e batteri insieme per il mio pane.



Ancora il pane è protagonista della mia sperimentazione.
Il lievito impiegato per questo pane l’ho ottenuto utilizzando l’agente fermentante del kombucha: una bevanda fermentata, acidula e frizzante che si ottiene da un’infusione di tè zuccherato alla quale è aggiunta una “madre”, specifica di questa bevanda. La madre è un composto dall’aspetto gelatinoso di colore biancastro, costituito da una comunità di lieviti e batteri che in gergo è chiamato SCOBY.  Mi è bastato impastarlo con la farina e fare qualche rinfresco per ottenere un lievito molto attivo, che mi ha dato questo risultato.



martedì 2 aprile 2019

Il SOFFRITTO: un elegante mix di colori, profumi e aromi.




E’ una preparazione base molto usata in cucina, è impiegato per dare aromaticità al piatto in cui è utilizzato. Come per ogni preparazione culinaria, contribuiscono diversi elementi per la sua buona riuscita: il taglio delle verdure, l’intensità e il tempo di esposizione al calore, la materia grassa e non ultimo il materiale della pentola con cui sarà cucinato.
Le verdure generalmente usate per il soffritto sono: cipolla, sedano e carota, tagliate in pezzetti.  La dimensione del taglio è importante perché dei pezzi piccoli sviluppano più aromaticità data la maggiore superficie esposta al calore.                                                                                                       Le verdure vanno cotte a una temperatura moderata, così da farle appassire delicatamente e assumere una doratura uniforme, trasformandole in un composto dolce e molto aromatico. La temperatura nella pentola per ottenere questo risultato è poco sopra i 120°. Temperature più alte innescherebbero nelle verdure un’eccessiva reazione d’imbrunimento trasformando la cottura in una rosolatura.                                                                                                                                                La materia grassa utilizzata svolge una funzione importante perché l’olio avvolgendo le verdure ne uniforma la cottura distribuendo il calore, non le fa attaccare al fondo e dona al soffritto altri sapori e aromi.   Importante per soffriggere è anche la pentola che si utilizza, che deve assicurare una buona conduttività termica al fine di garantire una cottura omogenea e adeguata evitando che si formino dentro la pentola zone più o meno calde.
In conclusione, pur trattandosi di una preparazione semplice, il soffritto richiede molte piccole attenzioni che sommate insieme, consentono di conseguire un risultato buono e costante nel tempo.