mercoledì 20 novembre 2019

LA CARNE: il grasso è piacere.





LA CARNE: il grasso non morde.

Quando si parla e si scrive di grasso animale, il pensiero va sempre alle conseguenze negative per la salute derivanti dal suo consumo. Difficilmente si fa riferimento a quelle che sono le qualità positive del grasso che rendono un pezzo di carne cucinato: tenero, saporito, succulento.  Negli ultimi decenni si sono valorizzate le carni di animali giovani naturalmente magre che sono pallide, insipide e che si asciugano più rapidamente in cottura.

Il grasso ha la funzione d’isolante, di riserva energetica e di protezione; si trova sotto pelle, tra fibre muscolari e tessuto connettivo dei vari muscoli e intorno ad organi come i reni (chiamati comunemente rognoni).

Il grasso è una fonte concentrata di energia che è bruciata grazie all’ossigeno per far funzionare l’organismo e in particolar modo i muscoli. E’ costituito da materiale di deposito, per questo al suo interno possono finire tutte quelle sostanze liposolubili che l’animale introduce con l’alimentazione. Un’alimentazione con erbaggi dona un grasso ricco di sapori, quindi una carne gustosa, specialmente in animali come ovini, caprini e bovini.  Nel  rumen, una parte dello stomaco di questi animali detti ruminante, ci sono dei microorganismi che grazie a un processo fermentativo convertono alcune essenze dei foraggi in sostanze chimiche chiamate terpeni, identiche a quelle che si possono trovare in alcune piante o spezie e tutti questi composti si accumulano nel grasso donando alla carne aromi particolari. Animali adulti hanno un sapore più pronunciato e definito rispetto a quelli più giovani, perché con l’alimentazione, il grasso ha assorbito una quantità rilevante di sostanze odorose, inoltre la sua quantità sarà maggiore, perché una volta finita la crescita muscolare dell’animale, il grasso si comincerà ad accumulate nella  carne in maniera considerevole.

Il grasso è un sapore a tutti gli effetti, e può essere aggiunto a pieno titolo alla lista dei gusti fondamentali: dolce, salato, amaro, acido e umani. Da studi recenti sono stati trovati dei ricettori specifici sulla nostra lingua che riconoscono la sua molecola, comunicando questa percezione al cervello. Inoltre la salivazione è stimolata dalle sue cellule dandone una sensazione liscia, piacevole e persistente nella cavità orale.

Il grasso infiltrato tra le fibre che si può notare come delle chiazze bianche nella massa di carne, comunemente chiamato “marezzatura”, ha importanti funzioni nella carne durante la cottura: garantire tenerezza, perché depositandosi tra le fibre e il tessuto connettivo ne va a indebolire la struttura; dare sapore perché contiene e rilascia molte sostanze aromatiche; lasciare la carne succulenta dopo la cottura perché il calore lo scioglie tra le fibre muscolari rendendola saporita e ben lubrificata durante la masticazione.

Esiste anche una questione di fisica che rende il grasso, un ottimo elemento miglioratore durante la cottura della carne. Infatti, rispetto alle fibre muscolari ha una conducibilità termica inferiore che rende possibile al calore di distribuirsi lentamente e uniformemente così da non far evaporare velocemente l’acqua contenuta nel tessuto muscolare, evitando che si asciughi troppo, come normalmente accade per pezzi di carne molto magra dove le fibre lasciano passare velocemente il calore con il risultato di rimanere troppo secche se cucinate per tempi lunghi. Si può ovviare in parte a questo inconveniente aggiungendo del grasso alla carne, utilizzando due tecniche: la bardatura che consiste nel ricoprire il pezzo di carne con delle sottili fette di lardo e la lardellatura che consiste nell’inserire delle striscioline di lardo con uno speciale ago nel del pezzo di carne.

In conclusione il grasso è importante e perché sia un elemento di qualità, esistono alcune condizioni che concorrono a far buona la carne dell’animale: la razza, l’attività e il nutrimento avuto in vita, l’età, le condizioni durante la macellazione, la maturazione (frollatura), le condizioni di conservazione. In tutto questo il fattore umano è fondamentale, ci deve essere una collaborazione tra tutte quelle figure professionali operanti nel mondo della carne: l’agricoltore, l’allevatore, il veterinario e il macellaio, che cooperando ci danno un prodotto sano, genuino, buono.
Sicuramente mangiando carne di qualità e senza eccedere nella quantità si potranno avere solo benefici dal suo grasso.


martedì 1 ottobre 2019

VERDURE: COLORI IN PENTOLA





Mangiare verdura fa bene e se si presenta di un bel colore, dopo la cottura, è un vero piacere. Non sempre si riesce a mantenere un tono vivido, a volte ci si ritrova con una colorazione indesiderata. Tra le cause troviamo:
-       Equilibrio acido/alcalino
-       Temperatura
-       Tempo di cottura.
E’ tutta una questione di chimica e la conoscenza di alcune nozioni ci aiuta a capire cosa avviene e come poter trovare una soluzione.
Nel caso delle verdure verdi la causa è la fragile stabilita della clorofilla durante la cottura a determinare la sua trasformazione cromatica. In questa fase le cellule che ne costituiscono la struttura chimica sono danneggiate e riversano il loro contenuto di sostanze acide nell’acqua. In queste condizioni di acidità la clorofilla subisce una trasformazione: l’atomo di magnesio che si trova al centro della sua molecola è spostato e al suo posto subentra un atomo d’idrogeno causando un mutamento del colore. Anche la temperatura influenza il cambiamento del colore, perché tra i 60/70° si attivano enzimi che danneggiano la struttura provocando un’alterazione della colorazione, questi enzimi si riescono a inibire a temperature vicine ai 100°.
Importante sarà creare un ambiente di cottura con ph leggermente alcalino in modo che la struttura chimica della clorofilla non muti. Si potrà ottenere cuocendo le verdure aggiungendo un po’ di bicarbonato ma questo sistema ha degli svantaggi che provocano dei problemi legati alla consistenza, al sapore e ai valori nutrizionali delle verdure stesse. La Soluzione che va bene per entrambe le situazioni è di cuocere la verdura in abbondante acqua bollente, in questo modo: nel primo caso l’acidità sarebbe diluita, quindi resa innocua e nel secondo caso l’azione enzimatica non si attiverebbe, poiché quando si butta la verdura nell’acqua bollente, la temperatura non scenderebbe al disotto dei 70° e gli enzimi sarebbero subito inibiti. Ovviamente anche un tempo di cottura prolungato fa si che si favoriscano le condizioni per un cambiamento di colore.
Le verdure non sono solo verdi e quello che vale per la clorofilla non va bene per altre sostanze come le antocianine che danno il colore rosso-viola, caratteristico del cavolo rosso. Questi pigmenti hanno un equilibrio molto instabile a contatto con il calore, infatti, la loro colorazione può passare dal rosso al viola fino al blu secondo il rapporto acido/ alcalino all’interno della pentola. Un ph tendente all’acido lasca intatto il colore iniziale e man mano che passa da neutro ad alcalino, il colore cambia da viola a blu. Quindi un ambiente acido favorirà il mantenimento del colore originario di questi pigmenti, contrariamente a quello che accade alla clorofilla verde.
 Altri tipi di pigmenti sono costituiti dai carotenoidi, che danno colori come giallo, arancione e rosso, tipici di carote, peperoni, pomodori. Questi colori sono stabili in cottura, e scarsamente solubili in acqua, diversamente dalle verdure contenenti clorofilla o antocianine.
Ogni verdura secondo il tipo di pigmento di cui è costituita ha un rapporto diverso con l’acqua e il fuoco: la clorofilla imbruttisce il suo aspetto, le antocianine mutano come un caleidoscopio rosso/ viola/ blu, i carotenoidi rimangono stabili.
Sarà grazie alle conoscenze acquisite unite all’esperienza che ogni cuoco riuscirà a domare i colori nella pentola e rendere piacevole mangiare un piatto di verdure.


domenica 14 aprile 2019

SCOBY: lieviti e batteri insieme per il mio pane.



Ancora il pane è protagonista della mia sperimentazione.
Il lievito impiegato per questo pane l’ho ottenuto utilizzando l’agente fermentante del kombucha: una bevanda fermentata, acidula e frizzante che si ottiene da un’infusione di tè zuccherato alla quale è aggiunta una “madre”, specifica di questa bevanda. La madre è un composto dall’aspetto gelatinoso di colore biancastro, costituito da una comunità di lieviti e batteri che in gergo è chiamato SCOBY.  Mi è bastato impastarlo con la farina e fare qualche rinfresco per ottenere un lievito molto attivo, che mi ha dato questo risultato.



martedì 2 aprile 2019

Il SOFFRITTO: un elegante mix di colori, profumi e aromi.




E’ una preparazione base molto usata in cucina, è impiegato per dare aromaticità al piatto in cui è utilizzato. Come per ogni preparazione culinaria, contribuiscono diversi elementi per la sua buona riuscita: il taglio delle verdure, l’intensità e il tempo di esposizione al calore, la materia grassa e non ultimo il materiale della pentola con cui sarà cucinato.
Le verdure generalmente usate per il soffritto sono: cipolla, sedano e carota, tagliate in pezzetti.  La dimensione del taglio è importante perché dei pezzi piccoli sviluppano più aromaticità data la maggiore superficie esposta al calore.                                                                                                       Le verdure vanno cotte a una temperatura moderata, così da farle appassire delicatamente e assumere una doratura uniforme, trasformandole in un composto dolce e molto aromatico. La temperatura nella pentola per ottenere questo risultato è poco sopra i 120°. Temperature più alte innescherebbero nelle verdure un’eccessiva reazione d’imbrunimento trasformando la cottura in una rosolatura.                                                                                                                                                La materia grassa utilizzata svolge una funzione importante perché l’olio avvolgendo le verdure ne uniforma la cottura distribuendo il calore, non le fa attaccare al fondo e dona al soffritto altri sapori e aromi.   Importante per soffriggere è anche la pentola che si utilizza, che deve assicurare una buona conduttività termica al fine di garantire una cottura omogenea e adeguata evitando che si formino dentro la pentola zone più o meno calde.
In conclusione, pur trattandosi di una preparazione semplice, il soffritto richiede molte piccole attenzioni che sommate insieme, consentono di conseguire un risultato buono e costante nel tempo.