mercoledì 15 giugno 2011

RISO, RICE, ARROZ, RIZ, REIS, BERAS.

La stessa radice per una pianta che nutre il mondo.


Il riso è una pianta di origine tropicale, può essere coltivata in tutti continenti del globo terrestre purché la sua coltivazione non venga effettuata oltre i 45° di latitudine. All’interno di queste coordinate possono essere coltivate tre sub specie della pianta del riso, che crescono in diversi ambienti climatici. Abbiamo la sub specie indica, forse la più diffusa che è caratterista di climi tropicali e sub-tropicali tipici dell’India, Pakistan, Cina meridionale, sud-est asiatico; la sub-specie japonica caratteristica di climi temperati quali la Cina continentale, il Giappone, l’Europa e in particolare l’Italia e la javanica poco diffusa che è coltivata esclusivamente in Indonesia.
Queste sub-specie pur appartenendo alla stessa pianta hanno un aspetto e caratteristiche diverse: l’indica è caratterizzata da un chicco lungo, sottile e cristallino; la japonica chicchi da tondi a tondeggianti di un colore che può andare dal cristallino al perlaceo mentre la javanica di aspetto lungo e largo, ma come scrivevo prima poco diffusa.
L’indica e la japonica per le loro caratteristiche si adattano ad usi differenti in gastronomia. L’ indica per le sue qualità di avere dei chicchi che rilasciano poco amido, con una scarsa collosità e non assorbendo aromi e sapori dei cibi ai quali sono abbinati è utilizzata in molti territori dell’Asia e del sud-est asiatico come accompagnamento al cibo in sostituzione del pane: è usanza in questi posti portare a tavola tutte le pietanze quando si consuma il pasto e il riso ha la funzione d’intervallare il consumo dei diversi cibi. La japonica è una sotto specie che al suo interno comprende tantissime varietà di riso che si adattano a diverse utilizzazioni in cucina, anche in relazioni agli usi gastronomici dei territori dove viene utilizzata una determinata varietà. In Giappone ad esempio si usa la sub specie japonica e le varietà di questo riso devono avere una caratteristica importante che è quella di rilasciare amido rendendo il riso abbastanza colloso da essere compattato all’interno dei vari ingredienti e allo stesso tempo non assorbire aromi e sapori di questi cibi ai quali è accompagnato: preparazione tipica è il sushi di riso. In Europa e in particolare in Italia si fa largo consumo di riso e nello specifico della sub-specie japonica la quale nella cucina italiana deve avere in preminenza caratteristiche di scarsa collosità, un chicco che rimanga integro, sgranato e che assorba i sapori e gli aromi dei cibi con i quali è cucinato: la preparazione principe per un riso con queste caratteristiche è il risotto. Ci sono anche altre varietà con caratteristiche di maggiore collosità: per fare zuppe, arancini,timballi e dolci.
Dopo questa carrellata su alcuni modi di consumare riso nel mondo mi sembra opportuno passare ad una descrizione più dettagliata della sub-specie japonica, quella più vicina ai nostri usi alimentari. Di questa sub-specie fanno parte tantissime varietà frutto della ricerca in questo settore, ne sono censite più di 100 nel sito dell’ENTE NAZIONALE RISI dove per ogni varietà esiste una scheda descrittiva nella quale sono indicate in modo dettagliato tutte le caratteristiche, dalla pianta al chicco. Pur essendo censite tante varietà solo una decina ne troviamo in commercio quando andiamo ad acquistarle e sono: arboreo, baldo, balilla, carnaroli, originario, padano, roma, ribe, s.andrea, vialone nano. A questo punto si capisce che sia più corretto parlare di risi anziché di riso. Tutte queste varietà hanno caratteristiche diverse derivanti sia dalla forma e dimensione dei chicchi che dal contenuto di amilosio che assieme all’amilopectina formano l’amido: elemento nutritivo maggiormente contenuto nel riso. I risi sono suddivisi in diverse classificazioni che servono a distinguere i diversi chicchi per quanto riguarda la forma e la dimensione: riso comune dal chicco piccolo e tondo, compresi tra questa categoria, balilla e originario; riso semifino dal chicco tondo e di lunghezza media, compreso in questa categoria il vialone nano; riso fino dal chicco affusolato appartengono a questa categoria il ribe e S.Andrea e in ultimo riso superfino dal chicco lungo e grosso appartengono a questa categoria l’arboreo, il baldo, il roma, il carnaroli. Questa classificazione non viene riconosciuta a livello europeo dove rispettivamente si usano questi termini per raggruppare le diverse varietà di riso: tondo per il riso comune, medio per il semifino, lungo B per il fino e lungo A per il superfino.
Elemento importante da conoscere per riuscire ad usare il riso giusto per ogni preparazione è il contenuto di amilosio che determina la durezza del chicco quindi la resistenza al calore. Il riso che usiamo, acquistandolo dal negoziante o direttamente dal risicoltore ha un contenuto di amilosio che non supera il 30%, infatti, la percentuale di amilosio nel riso può variare dal 15 al 30% e quella ideale ad esempio per il riso che si utilizza per il risotto è intorno al 22-24%. questa percentuale garantisce una cottura  in tempi non eccessivamente lunghi, un’ottima tenuta e una scarsa collosità. Con queste caratteristiche in Italia vengono coltivate due varietà: il carnaroli e il vialone nano. Due risi che hanno una forma e una dimensione diverse: il primo appartiene al gruppo superfino o lungo A, mentre il secondo appartiene al gruppo semifino o medio. Altra caratteristica che li accomuna e che li rende speciali per il risotto è la perla: una macchia più o meno estesa che si evidenzia di colore bianco sul chicco. La perla potrebbe essere considerata un’imperfezione del riso visto che si tratta di una zona del chicco dove la natura non ha completato l’opera, lasciando i granuli di amido non compressi abbastanza da rendere tutto il chicco cristallino, ma nel caso di queste due varietà di riso è un pregio, rendendoli perfetti per il risotto in quanto da questa zona il riso assorbe i suoi condimenti nella fase iniziale della cottura. E’ facile distinguere questa zona del chicco quando si fa la tostatura del riso per il risotto.
Molto spesso si confonde la suddivisione in gruppi delle varietà di risi in base alla dimensione e forma con la qualità di un riso, forse ingannati dalle denominazioni: comune, semifino, fino e superfino. Questa suddivisione in gruppi non ha nulla a che fare con la qualità dei vari risi. La qualità è influenzata da diversi elementi che hanno il potere di modificarla nei vari momenti che contraddistinguono l’esistenza del riso: dalla semina fino al momento in cui ce lo troviamo nel piatto. Prima considerazione da fare è che il riso è un prodotto della terra e come tale difficilmente si riesce a realizzare il medesimo prodotto tutti gli anni: un’annata più piovosa o troppo secca, temperature troppo basse nel momento della fioritura, ecco alcuni elementi che influenzano la qualità e la resa. Per ottenere riso di buona qualità è buona regola che vengano seminate sementi di riso coltivate in territori diversi da quello dove viene messo a coltura questo vale anche per un discorso di resa. Non fare eccessivo uso di pesticidi ed usare quelli indicati per le colture di riso e non per altri tipi di cereali, usandoli in modo coscienzioso e solo se c’è il reale bisogno di fare un trattamento. Raccogliere al momento giusto e stoccare con un giusto grado di umidità. Attendere un periodo di alcuni mesi prima di iniziare a lavorare il riso raccolto e raffinare solo il riso che si venderà in breve periodo. Un riso meno raffinato potrebbe essere migliore di un riso troppo bianco quindi eccessivamente lavorato il cui chicco è meno ricco di principi nutritivi. Sbalzi di temperatura alterano le qualità del riso. Un modo errato di conservazione da parte di chi si occupa di venderlo, una volta raffinato, cambia la qualità del riso e vanifica il lavoro del risicoltore e di chi lo ha lavorato e ovviamente anche un modo sbagliato di cucinarlo danneggia la sua qualità.
Elemento fondamentale per fare di un riso un prodotto di qualità è il fattore umano, infatti, la passione, le conoscenze tecniche, l’esperienza e la correttezza etica di chi coltiva riso fanno di questo cereale un alimento nutriente, sano, facilmente digeribile e molto versatile nelle preparazioni culinarie che vanno dagli antipasti ai dolci. Tutti questi elementi e molti altri concorrono alla qualità del riso; quindi in conclusione si può affermare che delle persone corrette faranno sicuramente del  un prodotto di ottima qualità.